12 giugno 2024, un Airbus 320 della compagnia egiziana Sky Vision (1) è in volo dal Cairo a Taif in Arabia Saudita, quando i passeggeri vengono informati dal secondo pilota che il comandante Hassan Youssef Adas è morto.
Al momento dell’annuncio il velivolo si trovava a 150 miglia a nord ovest di Jeddah e il secondo pilota decideva di procedere verso la capitale saudita per un atterraggio di emergenza.
In rete sono immediatamente circolate polemiche sull’opportunità dell’annuncio fatto dal secondo pilota in cabina passeggeri circa l’avvenuto decesso, anche alla luce del fatto che, da come si è svolto il volo, il secondo pilota è stato perfettamente in grado di portare l’aereo a terra senza problemi di sorta.
Inoltre c’è chi ha fatto notare che la morte va certificata da un medico.
Quello dell’improvviso decesso di piloti in servizio, è un tema che ha sempre attirato la nostra attenzione prova ne sia che il nostro sito www.air-accidents.com è l’unico in rete che riporta come “incidente” eventi del genere.
A nostro parere infatti è alquanto insolito e strano che persone che vengono sottoposte a regolari controlli medici, ogni 6/12 mesi (2) perdano la vita in servizio.
Nel 2008 all’argomento abbiamo dedicato un libro “Piloti Malati” il cui sottotitolo era “invece di chiedervi quanto è sicuro volare, auguratevi che il vostro comandante goda ottima salute”. (3)
In questo libro ci eravamo rivolti una domanda fondamentale: perché una persona ritenuta idonea da certificazioni e da analisi mediche muore improvvisamente ai comandi di un aereo di linea?
A cui faceva seguito una ovvia considerazione: ma allora i check up medici a cosa servono?
Quando avviene un evento del genere in gergo si usa il termine “Pilot incapacitation” con ciò si è soliti descrivere l'incapacità di un pilota, che fa parte dell'equipaggio operativo, di svolgere le sue normali mansioni a causa dell'insorgere, durante il volo, degli effetti di fattori fisiologici.
La morte è l'esempio più estremo di incapacità, di solito come risultato di un attacco cardiaco, ma non è necessariamente il più pericoloso.
Sebbene la maggior parte dei decessi registrati di piloti operativi in volo sia dovuta a malattie cardiovascolari, la causa di gran lunga più comune di incapacità dell'equipaggio di volo è anche la gastroenterite.
Ma non vi è dubbio che la notizia che più colpisce l’opinione pubblica è l’infarto ai comandi.
Di fatto l’improvvisa incapacità di un pilota ai comandi dell’aereo fa venire in mente lo stupore che accompagna amici e parenti allorché un giovane sportivo improvvisamente si accascia a terra nel corso dello svolgimento di una attività agonistica: entrambi regolarmente sottoposti a visite preventive, entrambi certificati idonei, ed entrambi che divengono improvvisamente “incapacitated”.
Le buone notizie che si possono dare al pubblico dei passeggeri è che oggigiorno non si registrano più casi di
incidenti aerei mortali dovuti a una improvvisa perdita di uno dei due piloti ai comandi.
E quando diciamo perdita ci riferiamo sia al decesso sia ad una temporanea incapacità.
Infatti dai nostri registri risulta che l’ultimo caso di incidente aereo fatale (accident) dovuto a morte del
pilota risale al 24 luglio 1999 quando un Embraer110 della Air Fiji precipitò a causa del malessere del pilota provocando la morte di tutti i 17 occupanti a bordo (4).
Prima di quell’anno vi erano stati altri casi di incidenti mortali, da quella data in avanti comunque anche con la perdita di uno dei due piloti, il volo si è sempre concluso senza incidenti.
Ma per un problema che si risolve un altro appare all’orizzonte: dobbiamo purtroppo registrare casi di una tipologia di malattia - molto più subdola in quanto difficilmente evidenziabile - che ha interessato i piloti: quella dei disturbi mentali.
Se infatti l’addestramento seguito ai numerosi casi di morte ai comandi ha fatto sì che colui che rimane solo al pilotaggio riesce senza problemi a portare a terra il velivolo, dobbiamo purtroppo annotare come il caso Lubitz (5) abbia riportato tragicamente in auge il problema dello stato mentale dei piloti.
E non apriremmo questo argomento se quello fosse stato un caso unico e isolato.
Il fenomeno del suicidio, il suo significato con particolare riguardo alla professione del pilota viene analizzato in maniera esaustiva in un recente libro di cui suggeriamo la lettura: “quando però il suicidio avviene con un aereo di linea, la cosa assume contorni radicalmente differenti.
Infatti c’è un duplice aspetto, quello della soppressione di sé, ma anche quello della reazione ad una condizione vissuta come una sconfitta che induce un desiderio di rivincita, un dire l’ultima parola prima di uscire di scena”. (6)
Come abbiamo precisato il caso Lubitz (6) non è stato l’unico esempio di suicidio-omicidio dell’aviazione
civile.
La casistica di questi incidenti è purtroppo duplice.
C’è la tipologia “alla Lubitz” che comprende casi di soggetti che si è in seguito appurato erano sotto cura per depressione, ma a questa tipologia bisogna poi aggiungere quei casi di incidenti nei quali il soggetto pur non evidenziando problemi psichiatrici stava incontrando dissapori familiari e aveva deciso di farla finita.
Come si capisce sono due tipologie completamente differenti ma che possono entrambe concludersi tragicamente.
•Il 29 novembre 2013 sui cieli della Namibia il comandante Herminio Fernandes di 49 anni portò deliberatamente il suo Embraer 190 della Mozambique Airlines (LAM), che aveva a bordo altre 32 persone, a sfracellarsi nel Parco Nazionale di Bwabwata.
Le successive indagini svolte appurarono che il comandante stava attraversando gravi problemi familiari. Suo figlio era morto in un sospetto suicidio nel novembre 2012; il primo anniversario della sua morte avvenne quasi esattamente nella data dell'incidente.
Il giorno dell’incidente sua figlia era in ospedale per un intervento chirurgico al cuore e le procedure di divorzio si stavano trascinando da oltre un decennio.
•Il 21 agosto 1994 un ATR 42 della Royal Air Maroc precipitava mentre era in rotta da Agadir a Casablanca provocando la morte di tutti i 44 occupanti.
L’indagine che seguì non evidenziò alcun guasto tecnico ma la causa fu imputata al pilota del velivolo per dissapori personali con il suo secondo pilota di quel giorno (di sesso femminile) in servizio con lui.
I dati dei registratori di volo hanno rivelato che l'autopilota dell'ATR 42 è stato intenzionalmente disinserito dal capitano, che ha poi deliberatamente fatto scendere l'aereo in picchiata.
Le prove hanno anche dimostrato che durante la discesa, il primo ufficiale ha inviato richieste di soccorso una volta a conoscenza delle intenzioni del capitano.
Lo abbiamo già scritto in precedenti nostri interventi: siamo quasi sicuri che anche la scomparsa di MH370 (7) sia da imputarsi a un caso di suicidio-omicidio.
Quando e come verrà individuato il relitto, forse, potremmo averne la conferma.
I nostri registri indicano che dal 1950 ad oggi si sono registrati 53 casi di piloti che volontariamente o per
incapacità hanno perso la vita ai comandi del velivolo.
Purtroppo però dobbiamo annotare come fino alla metà degli anni sessanta non essendo i registratori di bordo obbligatori, quasi sicuramente non pochi sono stati gli incidenti imputati a cause tecniche mentre in realtà si trattava di incapacitation che ha colpito uno dei membri dell’equipaggio.
Ciò significa che i nostri 53 casi si debbono ritenere un dato incompleto per difetto.
Antonio Bordoni.
(1) L’Airbus era immatricolato SU-SKC. Il volo era operato per conto di un altro vettore la Nesma Airlines.
(2) Secondo quanto prevede il Documento ICAO 8984 “Manual of Civil Aviation Medicine” (Part I-1-11) dopo i 60
anni il controllo va fatto ogni sei mesi, altrimenti la regola è quella del controllo su base annuale.
(3) “Piloti Malati” di Antonio Bordoni, Travel factory editore, 2008.
(4) Volo Air Fiji 121 da Suva a Nadi. Aereo Embraer 110 Bainderante immatricolato DQ-AFN (c/n 110416)
(5) Volo Germanwings 9525 del 24 marzo 2015, L’aereo, un Airbus 320 (D-AIPX) ai cui comandi era rimasto solo il
secondo pilota Andreas Lubitz, fu portato deliberatamente a schiantarsi a terra provocando la morte di tutti i
150 occupanti.
(6) “Dopo Germanwings la vita del pilota di linea” di Antonio Chialastri, Francesca Bartoccini, Micaela Scialanga,
Aldo Cagnoli. IBN Editore, 2017, pag. 95.
(7) Il volo MH370 nella notte dell’8 marzo 2014 è scomparso nell’Oceano Indiano e la sua esatta posizione non è
stata ancora individuata. Il volo effettuato con un Boeing 777 (9M-MRO) copriva la tratta Kuala LumpurPechino.
A bordo 239 persone.
Fonte: air-accidents.com