Il mondo è stato colpito quando, nel marzo 2014, un volo della Malaysian Airlines (MH370) proveniente da Kuala Lumpur e diretto a Pechino è scomparso senza lasciare traccia.
L'avvento delle piattaforme di streaming ha moltiplicato le produzioni di film e fiction che, sempre più spesso attingono alla realtà.
Molti sono i casi che vengono portati all'attenzione di centinaia di milioni di spettatori i quali, da ogni parte del mondo, possono (ognuno nella propria lingua) farsi un'idea, se non della verità assoluta, quantomeno del punto di vista di registi, produttori e sceneggiatori che riportano avvenimenti dopo una più o meno accurata indagine.
Da qualche settimana è possibile vedere su Netflix la prima stagione della docuserie "Volo MH370: l'aereo sparito nel nulla"; sottotitolo: "Nel 2014 un aereo con a bordo 239 persone scompare dai radar.
Questa docuserie indaga su uno dei più grandi misteri della storia moderna: il volo MH370".
In un libro uscito nell’anno 2016 (1), si avvertiva che “se ciò non avverrà, ben presto alle tipologie di
interferenze fin qui conosciute, bisognerà aggiungerne una nuova: la MMI ossia Mass Media Interference“.
Nell’affermare ciò ci si riferiva alle teorie cospirative che ormai, alla pari di una “moda”, accompagnano
sempre più spesso le indagini sugli incidenti aerei.
La serie trasmessa da Netflix sulla scomparsa di MH370, di cui tanto si parla in questi giorni, si inquadra perfettamente nel filone da noi denunciato fin dal 2016 il quale, fra l’altro, prendeva in esame diversi incidenti aerei.
Il mondo è stato colpito quando, nel marzo 2014, un volo della Malaysian Airlines (MH370) proveniente da
Kuala Lumpur e diretto a Pechino è scomparso senza lasciare traccia.
Non è stato trovato alcun relitto nel Mar Cinese Meridionale, dove è stato avvistato per l'ultima volta dai radar e, nonostante gli sforzi di diversi Paesi, nessuno è riuscito a localizzare né l'aereo né i suoi rottami.
Come se fosse scomparso dalla faccia della terra.
Figurarsi quindi se un caso come questo poteva venir esentato da una seducente teoria del complotto che pure ha accompagnato tanti incidenti decisamente meno misteriosi.
Era inevitabile.
Diciamo pure che teorie riguardanti UFO o dirottamenti su isole misteriose nel caso di MH370 erano già circolate, ma nessuno ancora aveva provato a costruirci un film di quasi tre ore.
Sia ben chiaro, ciò è perfettamente comprensibile tenuto conto delle peculiarità di questa insolita scomparsa ma, a
nostro parere, una sciagura nella quale 239 persone e relative famiglie dopo 9 anni dalla scomparsa sono ancora in attesa dei resti dei loro congiunti e, soprattutto, sono ancora in attesa di sapere cosa è successo, forse meritava un differente approccio.
Teorie alternative a quelle ufficiali sono le benvenute e “fanno corpo” nell’insieme di una trasmissione ove si cerca di indagare su un incidente dai contorni misteriosi.
Ma quanto è giusto e opportuno usare una teoria da trampolino per imbastirci, come un abito fatto su misura, un
intero film con una conclusione decisamente a senso unico?
Chi segue le fantastiche puntate della serie Mayday, ad esempio, avrà senz’altro notato come, malgrado il
regista abbia fin dall’inizio in mano la soluzione finale dell’incidente, si abbia il buon senso di rendere noti al
pubblico tutti i dubbi e tutti gli aspetti che vengono considerati utili ai fini dell’inchiesta così da giungere, alla
fine, per esclusione, alla causa individuata dagli investigatori sull’incidente.
In altre parole si rende edotto l’ascoltatore/spettatore di tutte supposizioni con cui gli investigatori si sono trovati a confrontarsi e perché esse vengono escluse, puntando invece verso una soluzione e spiegazione finale.
Il leit motiv di “MH370 the plane that disappeared” è chiaro: a seconda della nazionalità della persona che
parla, vengono ritenuti responsabili diversi governi, non per aver sbagliato le indagini, ma per aver fatto
parte di qualche segreto gruppo di spionaggio globale.
Tutti hanno idee sul come e sul quando, ma nessuno si preoccupa di porre la domanda più importante: perché.
Il primo episodio è quasi interamente dedicato alla teoria che il capitano dell'aereo abbia abbattuto l'aereo
in un omicidio-suicidio.
Il secondo episodio suggerisce che agenti segreti si siano infiltrati nel "cuore nevralgico" dell'aereo e ne abbiano preso il controllo dopo essersi introdotti nei suoi computer.
Il racconto infine prende una svolta grottesca quando, nel terzo episodio, compare un uomo eccentrico descritto solo
come "avventuriero" e come “Indiana Jones”.
Questo personaggio è colui che ha recuperato i detriti dell'aereo scomparso su varie spiagge dell’Africa orientale e lo ha fatto anni dopo che gli sforzi internazionali per localizzare l'aereo precipitato non hanno portato a nulla.
La domanda che a questo punto si pone Jeff Wise (2) è come mai li ha trovati solo lui? (“comes to the hands of one guy”) (3)
La risposta che potremmo dare a questa davvero insolita domanda è “forse perché è l’unico ad averli
cercati”.
E’ così assurda questa risposta?
Non ci pare.
Quando poi nel 1983 venne abbattuto dai russi il volo della Korean Airlines 007, altro esempio citato da Wise per supportare la tesi che quei resti ritrovati dal nostro Indiana Jones non provenissero dall’Oceano Indiano ma da altre fonti, va ricordato come nel 1983 la tecnologia satellitare fosse ancora allo stato embrionale e come un ruolo, non secondario, nel determinare quella sciagura aerea, lo ha certamente giocato anche il clima politico dell'epoca e le tensioni che vi erano tra le due superpotenze.
I dettagli sull’accaduto vennero comunque a galla con la caduta del muro di Berlino, pochi anni dopo.
Lo abbiamo sempre sostenuto e continuiamo ad affermarlo: non crediamo che possa essere celato in eterno un delitto dei cieli.
A questo punto, tenuto conto che la personale opinione di chi scrive vale quanto il due di coppe quando a briscola regna denari, quindi poco, chiudiamo dicendo che la partita è ora un derby fra Jeff Wise e Richard Godfrey.
Per chi volesse approfondire l’opinione di Godfrey, l’ingegnere britannico che ha studiato i dati satellitari e che sostiene l’ipotesi che MH370 giaccia in fondo all’Oceano Indiano forniamo il riferimento del servizio:
https://www.airlineratings.com/news/mh370-expert-slams-new-netflix-series/
Vorremmo chiudere facendo notare un ultimo particolare: la tesi sostenuta da Wise per spiegare cosa è accaduto a MH 370 potrebbe perfettamente essere trasposta a Germanwings 9525, se l’Airbus di Lubitz, (4) anzichè chiudere la sua folle corsa sui Pirenei fosse per caso finito nelle profondità di qualche oceano.
E con questo vorremmo semplicemente far capire quanto sia estremamente agevole costruire una teoria servendosi solo di interrogativi senza però mai giungere al perché.
Antonio Bordoni
(1) “Quando il cielo esplode”, Antonio Bordoni , Logisma Editore 2016, pag.238
(2) Jeff Wise è praticamente il filo conduttore che guida le tre puntate della serie esponendo la sua teoria sull’accaduto.
(3) Minuto 9.30 della versione inglese.
(4) Ci riferiamo all’incidente di Germanwings avvenuto il 24 marzo 2015, causato dal copilota Lubitz Andreas che fece volontariamente schiantare il velivolo sulle Alpi di Provenza in territorio francese durante il volo da Barcellona a
Dusseldorf.
Fonte: air-accidentes.com NL 10/2023 ; 15 marzo 2023