Nell’immediatezza dell’evento si contarono 36 passeggeri morti ma altri due morirono nei giorni seguenti a
causa delle gravi ferite riportate. Il magistrato che si occupò delle indagini era Domenico Savio.
IL VOLO 897, un tragico incidente aereo avvenuto a un jet Itavia, incidente caduto nel più completo oblio, e ciò in palese contrasto con quanto accade per l’altro incidente quello al volo 870.
Il volo che tratteremo ha riguardato un Fokker 28.
Tre macchine di questo bireattore olandese nella versione Mk1000 vennero ordinate direttamente alla fabbrica e il primo degli aerei giunse in Italia il 21 aprile 1969.
Altri tre esemplari del F28 vennero consegnati a novembre del ’69, a febbraio e a maggio del ’70.
I DC9 arrivarono dopo.
Con la progressiva entrata in linea dei bireattori Fokker e Douglas la flotta ad elica che si avvaleva degli Handley Page Herald venne radiata (1).
La compagnia lanciò una massiccia campagna pubblicitaria per annunciare che da ora in avanti con Itavia si sarebbe volato tutto-jet, lo “stivale” era stato messo nella sua rete.
Il bireattore olandese fu quindi il primo jet messo in linea dall’Itavia e quello di cui tratteremo era entrato in servizio il 28 febbraio del 1970 ed era immatricolato I-TIDE. (2)
Il primo gennaio 1974 quell’aereo era impegnato sulla rotta Cagliari-Bologna-Torino.
Coincidenze della vita vogliono che come per IH870 anche il volo 897 fosse comandato da un “Domenico”, Domenico Gatti per il DC9 caduto ad Ustica, Domenico Romeo per il volo 897.
Altro punto in comune, entrambi i voli erano decollati da Bologna.
L’arrivo a Torino del volo 897 era in immediata coincidenza con il volo Itavia 400 che proseguiva per Ginevra.
Circa quest’ultima rotta Torino-Ginevra val la pena riproporre le voci che al tempo circolavano su di essa: “il permesso provvisorio di operare la Torino-Ginevra suscitò proteste da parte di Alitalia che con questo servizio perdeva gran parte della clientela intercontinentale torinese: per imbarcarsi sugli intercontinentali era più agevole raggiungere in venti minuti di aereo Itavia l’aeroporto di Ginevra e proseguire con la Swissair, anziché avventurarsi sull’autostrada verso l’aeroporto della Malpensa.” (3)
Era un periodo insomma in cui l’Itavia iniziava ad essere una spina nel fianco di Alitalia.
L’I-TIDE era partito da Bologna alle 13.04 anziché alle 12.25 come prevedeva l’orario.
Le tratte precedenti si erano svolte regolarmente.
L’aereo proveniva da Cagliari con 33 passeggeri ed era giunto a Bologna alle 11.51.
Nella tratta da Cagliari a Bologna l’aereo era stato guidato dal comandante Piccinini.
l totale dei passeggeri da Bologna era salito a 38 più quattro membri di equipaggio per un totale di 42 persone a bordo.
Il volo 897 era stato di tutta routine fino alla fase di avvicinamento alla pista 36 dell’aeroporto di Caselle, presso la quale l’aereo giunge poco dopo le ore 13.30.
Su questo aeroporto la situazione non era delle più ideali.
Forti pioggie, nevischio, scarsa visibilità e raffiche di vento.
Dal punto di vista operativo sappiamo che il sistema di atterraggio strumentale ILS era in funzione, mentre i due radiofari di Torino venivano dichiarati non funzionanti in quanto non controllati in volo e non era disponibile nemmeno il GCA, l’avvicinamento guidato dal radar di terra.(4)
Un primo tentativo di atterraggio era fallito e l’aereo era stato riportato in quota per un successivo avvicinamento. Erano anni in cui il fenomeno meteo del wind shear, all’epoca ancora in studio, faceva strage di aerei specialmente nella fase di atterraggio.
Ed è stato proprio durante una delle difficili manovre per controllare l’assetto del velivolo colpito da forti raffiche di vento che l’avvicinamento del Fokker terminò toccando prima la cima di un pioppo, a circa 15 metri di altezza, poi entrando in collisione con la parte superiore di un capannone in costruzione.
L’urto provocò il distacco del flap dell’ala destra e la rottura della superficie alare inferiore.
Nell’adiacente cascinale ove l’aereo terminò la sua corsa si trovavano due uomini, una donna e due bambini, che fortunatamente rimasero incolumi.
Tutto ciò avveniva a tre chilometri dall’inizio della testata pista 36.
Il bilancio finale della sciagura sarà di 35 passeggeri e 3 membri di equipaggio morti.
Dei quattro componenti l’equipaggio sopravviverà solo il tecnico di volo Giampaolo Sciarra.
L’allora ministro dei trasporti Luigi Preti (5) nominò subito una Commissione di Inchiesta ministeriale, cosa che fu fatta anche dalla stessa compagnia Itavia.
Ricordiamo che nell’anno dell’incidente e fino al 1999 l’ANSV (Agenzia Nazionale Sicurezza Volo) ancora non aveva preso il via.
Al Parlamento vi furono diverse interrogazioni sulla sciagura molte delle quali si riferivano al particolare che in Italia l’assistenza al volo veniva fornita dall’aeronautica militare: “se in considerazione degli inconvenienti ripetutamente verificatisi nel delicato settore dell'assistenza ai voli il Governo non intenda eliminare l'incongruenza che vede l'Italia
essere l'unico paese della CEE che veda affidato all'autorità militare il compito di gestire la strumentazione
radar per l'assistenza ai voli nonostante la palese differenza tra le esigenze di ordine militare e quelle connesse con l'aviazione civile”. (6)
Così, come per tanti altri casi che potremmo citare, in quegli anni usare la formula “colpa dei piloti” era molto ricorrente, ma nel caso specifico -tenuto conto delle condizioni meteo e del precario stato delle radioassistenze disponibili- la reale colpa eventualmente attribuibile all’equipaggio era quella di non aver deciso di puntare su uno scalo alternato.
Ricordiamo fra l’altro che l’aeroporto di Torino insieme ad altri 6 scali era incluso nella lista degli aeroporti nazionali circa i quali l’associazione dei piloti lamentava carenza negli aiuti alla navigazione. (7)
Le indagini sull’incidente si protrassero fino al giugno del 1978 quando venne resa nota la conclusione cui era pervenuto il magistrato che si era occupato delle indagini: “il comportamento del comandante dell’aereo, il Fokker 28 di Itavia, e del secondo pilota, è la vera causa del sinistro in cui persero la vita 36 persone” (8)
Anche questa indagine sul volo 897 fu caratterizzata da strascichi controversi e polemici.
Malgrado l’aereo fosse caduto sulla terraferma e non in mare, malgrado si avesse a disposizione il registratore di volo, malgrado un componente dell’equipaggio fosse rimasto in vita, l'inchiesta fu lunga e difficile, non tanto per la complessità degli incarichi affidati ai periti, ingegneri, tecnici dell'aeronautica militare, professori di medicina legale, ma anche e soprattutto per quanto fin dall’inizio ebbe a dichiarare il testimone chiave, il tecnico di bordo Giampaolo Sciarra, uno dei quattro sopravvissuti.
Il tecnico era nella cabina di pilotaggio e assisté agli ultimi drammatici momenti del volo.
Nei primi interrogatori — si legge nella requisitoria — Sciarra non disse tutta la verità, insistendo sul fatto di aver sentito pochi attimi prima del sinistro, un'esplosione in coda al velivolo. (9) subito dopo, il comandante avrebbe tentato una "riattaccata" cioè di riprendere quota.
La circostanza obbligò i periti ad un lungo lavoro di verifica per escludere — come poi venne effettivamente accertato — che a bordo del "Fokker" fosse avvenuta un'esplosione, ipotesi quella dell'attentato che era stata subito affacciata, insieme alla possibilità che uno dei motori fosse andato in avaria.
Anche il Fokker 28 come i DC9 aveva i motori posizionati non nelle ali ma a fondo fusoliera.
«Soltanto a distanza di due anni, — avverte il magistrato nella sua relazione — quando ormai i periti
avevano definitivamente decifrato le registrazioni di bordo contenute nella "scatola nera", che registra tutti i
dati del volo, Sciarra si è deciso a dire la verità, evitando così di essere incriminato per falsa testimonianza».
Per quale motivo la responsabilità dell’incidente venne addossata ai piloti?
Questo quanto si può leggere nel testo della sentenza: "Quando il Fokker giunse in prossimità di Caselle, alla guida del velivolo c'era il copilota Montanari.
In fase di avvicinamento alla pista di Caselle fu il comandante Romeo a prendere i comandi e il secondo si disinteressò completamente delle manovre.
Avrebbe dovuto prestare la dovuta attenzione agli strumenti, in particolare all'altimetro, riferendone al comandante i successivi valori.
Il comandante Romeo, dal canto suo, dopo aver deciso di effettuare una virata di 360 gradi, quando era ormai
a 4 miglia dalla testata di pista, usci dal «sentiero di discesa» (cioè abbandonò il riscontro dato da un radar della linea da seguire) e cercò il contatto visivo con il terreno, stimando di esserne ormai in prossimità, e non
prestando la dovuta attenzione all'altimetro.
"Un doppio errore umano, quindi — conclude il magistrato — che Sciarra cercò di occultare ma che alla fine, costretto dalle contraddizioni evidenziate dai periti, ha finito per ammettere”. (10)
Quello di Caselle è stato il terzo incidente che ha funestato la vita operativa di Itavia:
• Itavia 115 14 ottobre 1960 (11) Monte Capanne, Elba
• Itavia 703 30 marzo 1963 (8) Sora
• Itavia 897 1º gennaio 1974 (38) Caselle Torinese
• Itavia 870 27 giugno 1980 (81) Mar Tirreno
Antonio Bordoni
(1) I quattro esemplari degli Herald vennero venduti ad operatori britannici nel luglio del 1973.
(2) L’aereo era il c/n 11015, sigla originale assegnata dalla Fokker: PH-ZAK.
(3) “Deregulation, la parabola del trasporto aereo pubblico in Italia” Giuseppe D’Avanzo. Casa editrice Nuove Ricerche, 1996. Pag. 148
(4) La Stampa, 4 gennaio 1978
(5) Ministro dei trasporti, dal 1973 al 1974 e Ministro dei trasporti e dell'aviazione civile dal 1979 al 1980 nel quinto governo Andreotti,
(6) VI legislatura Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, pag.12274. Seduta del 12 gennaio 1974. Ajetta, Damico,
Benedetti Tullio, Todros, Spagnoli, Garbi, Casapieri, Quagliotti Carmen, Nahoum.
(7) Gli altri aeroporti erano: Alghero, Bari, Catania, Pisa, Palermo e Venezia.
(8) Nell’immediatezza dell’evento si contarono 36 passeggeri morti ma altri due morirono nei giorni seguenti a causa delle gravi ferite riportate. Il magistrato che si occupò delle indagini era Domenico Savio.
(9) Per meglio comprendere la cautela degli investigatori si ricordi che il 28 maggio del 1974 avveniva l’esplosione
di Piazza della Loggia a Brescia, e il 4 agosto di quello stesso anno avveniva anche la strage del treno Italicus.
(10) Ricostruzione tratta da quanto pubblicato dal quotidiano “La Stampa” in data 30 giugno 1978.
NL 31/2024 30 Giugno 2024
Fonte: www.air-accidents.com