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M.V. Anno X - Nr 1257 del 23.01.2017

SALUTE DEL PERSONALE DI VOLO A RISCHIO

M.V. Anno X - Nr 1257 del 23.01.2017

Sembra che nell’industria aerea commerciale siano in atto due pesi e due misure a secondo se trattiamo di passeggeri o di personale navigante.

L’usuale frase che sentiamo all’indomani di una emergenza occorsa in volo “safety is our first priority” sembra valere solo per i passeggeri ma ben poco per i naviganti.

 

Ad altra conclusione è difficile giungere valutando i fatti che esponiamo di seguito.
Fra i numerosi casi che potevamo scegliere citiamo l’incidente occorso il 12 gennaio scorso (1) allorchè un Airbus 320 di Germanwings (D-AIQH) viene interessato da un ennesimo caso di “fume event” mentre era in volo da Amsterdam a Stoccarda con 64 passeggeri e 6 membri di equipaggio.
Al momento del taxiing per la partenza veniva notato sia all’interno della cabina come nel cockpit uno sgradevole odore. L’aereo decollava lo stesso ma in volo la situazione peggiorava e nel cockpit l’equipaggio decideva di indossare le maschere ad ossigeno.

 

L’odore come al solito era sempre quello che viene descritto equivalente ai pedalini sporchi (smell of old socks).
A questo punto l’equipaggio decideva di disabilitare l’impianto di condizionamento del motore sinistro e effettivamente l’odore perdeva intensità tanto da far decidere di proseguire per Stoccarda.
Durante la fase di discesa l’equipaggio riattivava la bleed-air nel motore sinistro ma a questo punto l’odore ritornava. Si procede a spegnere nuovamente l’impianto e la situazione si rinormalizza.
L’aereo atterrava a Stoccarda.
Il giorno seguente però un flight attendant non si è sentito bene “reported health issues consistent with contaminated cabin air” (2) e si recava all’ospedale per farsi visitare.
Nel frattempo le indagini sull’accaduto appuravano che in un volo precedente era stato effettuato il de-icing e con ogni probabilità residuo del liquido poteva essere penetrato nel motore sinistro e
forse anche nel destro. (3)

 

Ora si valuti questo incidente nell’ambito di uno scenario che vede in pratica ogni giorno nei cieli del mondo un qualche aereo che incappa negli stessi identici problemi e si rifletta sul particolare che se è improbabile che un passeggero abbia due volte una esperienza del genere, per gli equipaggi di cabina e cockpit la situazione è maledettamente seria.
Recentemente poi la storia di questo poco edificante capitolo dell’aviazione civile si è arricchita di un particolare inquietante.
Nell’agosto 2013, quindi ben quattro anni orsono, nel bollettino tecnico dell’Airbus edizione n. 52, la casa costruttrice riportava un esaustivo studio circa le cause da cui originano gli incidenti di aria contaminata all’interno degli aerei. (4)

 

Dal momento che si tratta di una rivista destinata agli addetti ai lavori era lecito attendersi che a partire da quella “scoperta” o ammissione ufficiale tutte le compagnie aeree si fossero messe all’opera per evitare il ripetersi di simili eventi e invece ciò non sembra essere avvenuto o, altra possibilità, che il problema non sia di così facile risoluzione.
Cosa dice il rapporto in questione?
Ebbene si tratta in pratica della scoperta dell’acqua calda perché all’interno dell’industria tutti sapevano che far circolare aria a bordo dei velivoli facendola passare per i motori (5) poteva significare far entrare in circolo eventuali agenti contaminanti.
Eloquente il titolo di apertura del rapporto Airbus:
A clean APU means clean cabin air. The freshness of the air supplied by the cabin’s Environmental Conditioning System depends greatly on the quality of air it intakes. Step-by-step we outline the common source of pollutants and the maintenance procedures to eliminate them” [un APU pulito significa aria pulita nella cabina. La freschezza dell’aria messa in circolo dal sistema di condizionamento ECS dipende in gran parte dalla qualità dell’aria che esso aspira.
Per singolo passaggio evidenziamo le fonti ricorrenti degli agenti inquinanti e le procedure di manutenzione per eliminarli] Il messaggio contenuto nella pubblicazione Fast 52 è di una eccezionale portata toccando un nervo scoperto approdato anche nelle aule dei tribunali e di fronte al quale le aerolinee:
1) hanno sempre ribadito che da parte loro veniva fatto tutto ciò che si poteva fare per evitare il ripetersi di questi eventi.
2) hanno negato che sussista un legame fra le malattie lamentate da membri di equipaggi che sono stati oggetto di questi incidenti e l’ evento dei fume events; Nel mantenere le suddette posizioni le compagnie facevano anche leva sul particolare che, una volta a terra, esami e ispezioni fatte da vigili del fuoco, personale paramedico e tecnici vari sull’aria di cabina del velivolo “affumicato” non evidenziavano la presenza di sostanze nocive.
Ora trovare scritto che la casa costruttrice del velivolo avverte che il problema è evitabile mantenendo pulite determinate parti dell’aereo riporta la responsabilità di questi spiacevoli eventi al vettore in quanto il maintenance degli aeromobili è un preciso compito dell’operatore.

 

Non solo Airbus e APU
La questione non riguarda solo una specifica casa costruttrice quanto piuttosto la tecnica che si è voluta adottare per rifornire aria a bordo. Avverte uno studio dell’australiana ATSB: (6)
There were over 1,000 fumes/smoke events reported to both the ATSB and CASA over the 5-year period……. The British Aerospace BAe 146 was the aircraft type most commonly involved in fumes/smoke events when taking into account flying activity. The Airbus A380, Boeing 767, Embraer EMB-120 and E-190 were among other aircraft types that also had a higher than average rate of fumes/smoke occurrences over the period.
E stessa precisazione va fatta anche per l’APU ovvero il generatore ausiliario di corrente e gli oli lubrificanti usati per il suo uso: non sempre sono questi a causare i fumi.
Come dimostra l’incidente avvenuto in data 12 gennaio, in caso il velivolo subisca il trattamento di de-icing prima
del decollo, esiste il potenziale pericolo che una sia pur minima parte del liquido usato finisca per introdursi all’interno della componentistica dando luogo al fenomeno.

 

Ebbene tutto ciò era ben noto:
Aircraft occupants may be exposed to many different air contaminants in the aircraft cabin, including carbon monoxide (CO) from engine exhaust, O3 from outside air, and organic compounds of biological origins. The latter are generated by emissions from materials in the cabin and the human body, as infectious agents, irritants and allergens. Incidents that result in the intake of potential contaminants from jet engine oils and hydraulic fluids can be described
as fume events. These events occur if unintended release of engine oils, hydraulic fluids, deicing fluids, and combustion products pass through the environmental control system (ECS) and into the cabin (National Research Council, 2002).
(7)

 

Il peccato originale dell’industria aerea risale addirittura agli anni sessanta quando si decise, sempre in ottemperanza ai soliti dettami economici, di immettere aria in cabina facendola passare attraverso i motori mentre fino ad allora l’aria veniva presa da fessure situate a prua dell'aeromobile.

 

Ma per quale motivo se si erano già registrati problemi a piloti di aviogetti militari non si è continuato ad usare il sistema tradizionale a bordo degli aerei civili?
La risposta è alquanto scontata. Con il sistema della bleed air il peso dell’aereo è minore e se l’aereo pesa meno ciò
significa risparmio sulla spesa del carburante.
(8)

 

Ora, sia pur a dosi centellinate (9) la verità inizia a farsi strada, ma dal momento che sulle prese d’aria indietro non si tornerà c’è da chiedersi cosa l’industria potrà concretamente fare per non mettere a rischio la salute di chi vola quotidianamente per professione.
L’incidente occorso il 25 ottobre 2016 all’A380 di British Airways ha monopolizzato la stampa britannica.

 

Antonio Bordoni

Fonte: AAR – Safety Newsletter 3/2017 del 19 Gennaio 2017

wwwair-accidents.com

 

(1) Come quello ad esempio occorso il 25 ottobre 2016 all’A380 di British Airways (G-EXLEB) allorchè il volo San
Francisco-Londra è stato dirottato in emergenza a Vancouver e 25 persone fra equipaggio e passeggeri sono finite
all’ospedale per il solito “fume event”.
(2) Tratto da https://www.aeroinside.com/item/8935/germanwings-a320-at-amsterdam-and-stuttgart-on-jan-12th-
2017-fumes-on-board?utm_source=newsletter&utm_campaign=20170117
(3) Non si tratta dell’indagine ufficiale solitamente svolta dal BFU tedesco, bensì di investigazioni condotte all’interno
della compagnia.
(4) La rivista in questione è FAST Flight Airworthiness Support Technology, Airbus Technical Magazine.
(5) Per chi volesse approfondire l’argomento della cosiddetta bleed air, la sua entrata in servizio e il meccanismo di
funzionamento rimandiamo alla nostra opera “Rapporto sui Fume Events”. Nel definire la ammissione come
“scoperta dell’acqua calda” si tenga presente che è dal 1955 che circolano studi sulla “Elimination of Engine bleed air
contamination” che in quegli anni si riferivano ai velivoli militari che già adottavano tale sistema.
(6) An analysis of fumes and smoke events in Australian Aviation 2008 to 2012 ; ATSB AR-2013-213 pubblicato il 20
maggio 2014.
(7) NTNU , Norwegian University of Science and Technology. “Fume events in aircraft cabins” Tonje Trulssen Hildre
June Krutå Jensen. 2015
(8) Dalla pagina 13 del nostro “Rapporto sui Fume Events” seconda edizione.
(9) Al documento Airbus del 2013, bisogna aggiungere il Documento ICAO (Cir 344 AN-202) “Guidelines on Education, Training and Reporting practices related to fume events” emesso nel 2015. La Circolare è stata oggetto di una nostra specifica Newsletter “L’Icao scende in campo (finalmente) sui Fume Events” n.38/2016 del 24 ottobre 2016.


AAR – Safety Newsletter 3/2017 del 19 Gennaio 2017


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