Anche in Italia migliaia di fornitori coinvolti; le associazioni di categoria richiedono interventi governativi.
Chi si occupa di turimo da decenni sa che quando ha cominciato Thomas Cook già esisteva ed era già un colosso che operava i suoi servizi in tutti i continenti.
Oggi a voler analizzare cosa può aver portato all'ultimo atto questa grandissima azienda multinazionale non si riesce a trovare il bandolo della matassa; una società, la Thomas Cook, che opera (va) con propri uffici, propri aerei, propri hotel e resort, in grado quindi di poter applicare le economie di scala al massimo livello.
Si dirà che l'avvento di Internet ha ripartito il mercato sottraendone fette anche a colossi come Thomas Cook, ma questa spiegazione non ci convince perchè, vista la quantità e varietà di servizi offerti questa azienda era in grado di "farla da padrone" anche nel WEB.
Comunque stando le cose come stanno è inutile recriminare, si è attivata una rete di aerei charter che ha già rimpatriato un quaro circa dei 600.000 viaggiatori (di varie nazionalità) rimasti senza copertura di servizi in varie parti del mondo.
Da noi la Farnesina ha attivato la "solita" unità di crisi e sta monitorando la situazione per capire se c'è da intervenire per ri-proteggere i nostri connazionali.
L'urlo di dolore però si leva anche dalle tantissime realtà italiane che subiranno le conseguenze derivanti dalla crisi della Thomas Cook, stiamo parlando di albergatori, società di noleggio autobus e auto, compagnie di navigazione, singoli hotel e catene alberghiere, accompagnatori e guide turistiche.
“La spallata più forte che il mondo del turismo abbia ricevuto negli ultimi dieci anni. In Italia sono migliaia le imprese coinvolte: alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio e operatori del trasporto, che perderanno centinaia di migliaia di euro”.
Così Vincenzo Schiavo, Presidente di Confesercenti Campania e membro della giunta nazionale dell’associazione, commenta la vicenda del fallimento della britannica Thomas Cook, uno dei più grandi tour operator del mondo.
“Solo in Campania ci sono almeno 200 aziende che lavoravano facendo affidamento sul gruppo: per anni Thomas Cook è stato una garanzia di qualità per il turismo, un partner fondamentale scomparso dalla sera alla mattina. Un danno nel lungo periodo, a cui si aggiunge quello immediato legato alla perdita delle prenotazioni e alle difficoltà che inevitabilmente sorgeranno con i clienti che hanno prenotato – e pagato – con il gruppo inglese”, continua Schiavo. “Purtroppo, visto che la direttiva europea tutela solo i viaggiatori, gli operatori si trovano da soli ad affrontare questo disastro. Per questo chiediamo al Governo di intervenire con urgenza, in Europa e in Inghilterra, per tutelare le imprese italiane”.
A livello nazionale si stima che la ricaduta della chiusura di Thomas Cook costerà alle imprese e ai professionisti italiani qualcosa come 100 milioni di Euro, una cifra che fa tremare i polsi e che potrebbe mettere qualche singolo fornitore, in regime di semi-esclusiva con l'operatore inglese, nella condizione di dover chiudere a sua volta.
Così come, a suo tempo, stentammo a credere che sarebbero potute sparire dal mercato compagnie come TWA e PAN AM, oggi stentiamo a credere che la stessa sorte sia toccata alla Thomas Cook.