Torna alla luce il relitto del Dakota USAF precipitato nel 1946 sul ghiacciaio di Gauli, Svizzera.
14 settembre 2018.
E’ stata una estate con temperature record anche in Svizzera.
Le alte temperature estive sciolgono il ghiacciaio di Gauli nelle Alpi bernesi e incredibilmente portano alla luce i resti di un aereo precipitato in quel luogo 72 anni prima.
Era il 19 novembre 1946, le ostilità erano appena terminate ma i cieli d’Europa pullulavano di DC3 e DC4 con lo stemma della United States Air Force, USAF.
Quel giorno un Dakota USAF (1) era in volo fra l’aeroporto di Monaco e quello di Marsiglia. (2)
A bordo si trovavano 4 membri dell’equipaggio e sette passeggeri, militari o parenti di militari statunitensi.
L’aereo in realtà portava sulla carlinga, oltre allo stemma USAF, anche la scritta “European Air Transport Service".
Il volo era stato alquanto complesso. Avendo già evitato diverse cime alpine in condizioni meteorologiche strumentali, vicino a Innsbruck l'equipaggio a causa di una tempesta di neve con raffiche di vento che toccavano i 280 km/orari, perse l’orientamento (oggi si direbbe ''loss of situational awareness''), e alle 14.45 di quel martedì 19 novembre, l'aereo si schiantò sul ghiacciaio dei Gauli. a un'altitudine di 10.990 ft (3.350 m).
Di certo guardando le foto (3) scattate al ritrovamento, più che di schianto sarebbe corretto parlare quasi di una “scivolata” sulla neve e non a caso infatti non vi furono vittime fra gli undici occupanti a bordo.
L'equipaggio pensava di essere caduto nelle Alpi francesi.
E quando un'ora dopo lo schianto, vennero inviati i primi messaggi radio di emergenza le indicazioni fornite non portarono alla immediata localizzazione del velivolo.
Comunque venne avviata una prima operazione di ricerca e salvataggio.
Due giorni dopo, la torre di controllo della base aerea svizzera di Meiringen, a 12,7 km di distanza, ricevette le loro chiamate radio, dando un nuovo rilevamento e questa volta restringendo l'area di ricerca in prossimità del ghiacciaio dei Gauli.
Fu grazie a queste indicazioni che alle 09.31 del 22 novembre un Lancaster della RAF, avvistò l'aereo attraverso un'interruzione della copertura nuvolosa.
L'equipaggio contattò le stazioni a terra e tramite rilevamenti radiogoniometrici riuscì a tracciare la posizione.
Più tardi quel giorno, quando le nuvole si schiarirono, gli aerei di ricerca furono inviati in quella posizione.
Anche un Boeing B-29 Superfortress avvistò l'aereo per caso da un'altitudine di 16.000 piedi mentre era in rotta verso Monaco, avvistamento confermato successivamente dall'equipaggio di un EKW C-36 della Swiss Air Force.
Tutti gli occupanti, tra cui ufficiali d'alto rango e tre donne, sopravvivono all'incidente e sono tratti in salvo con un'operazione spettacolare.
L'apporto di guide alpine elvetiche, soldati di montagna e due piloti è decisivo.
Ciò migliora le relazioni tese fra Svizzera e Stati Uniti del dopoguerra.
L'avvenimento seguito da tutto il mondo segna anche la nascita della Guardia aerea svizzera di soccorso Rega. (4) Una volta determinato l’esatto punto dell’incidente, venne avviata una grande operazione di soccorso alpino. L'esercito degli Stati Uniti inviò ad Interlaken via treno jeep Willys MB e gatti delle nevi.
Il 23 novembre nel primo pomeriggio due militari svizzeri sugli sci raggiunsero il velivolo e i suoi passeggeri dopo una salita di 13 ore da Innertkirchen, ma poiché era troppo tardi per una discesa nello stesso giorno, fu deciso di sostare presso il relitto per tutta la notte, sopportando le basse temperature notturne.
Il giorno dopo tutti scesero verso il rifugio Gauli del Club Alpino a 2.205 metri, ma non riuscirono a prendere contatto radio con i coordinatori situati nella valle.
Alle 10.20 del mattino, i piloti della Swiss Air Force, il capitano Victor Hug e il maggiore Pista Hitz, riuscirono a far atterrare due aerei Fieseler Storch sul ghiacciaio accanto ai soccorritori, e con otto voli, tutti furono portati in salvo.
Ad onor della cronaca va pure detto che fin dal 2012 un gruppo di giovani escursionisti aveva individuato parti sparse del Dakota e fu chiaro che lì nei pressi doveva trovarsi anche il principale troncone del velivolo che poi venne alla luce nel 2018.
Con l’aumentare costante delle temperature, ritrovamenti come quello più recente da noi ricordato sono accaduti un po' ovunque in questi ultimi anni:
- 4 giugno 2016. Dopo 31 anni una spedizione amatoriale trova i resti del Boeing 727 della Eastern Airlines (N819EA) che in data primo gennaio 1985 era impegnato nel volo 980 da Asuncion, Paraguay, a La Paz da dove avrebbe poi dovuto proseguire per Miami. Si sapeva che l’aereo era scomparso a circa 26 miglia dall’aeroporto della capitale boliviana. L’incidente era avvenuto nelle ore notturne, in cattive condizioni meteo e senza l’ausilio di riferimenti visivi. A bordo del trireattore si trovavano 19 passeggeri e 10 membri dell’equipaggio. Tutte le ricerche fatte nell’immediatezza dell’incidente non avevano portato ad alcun ritrovamento. Il Boeing aveva impattato il monte Illimani a 6400 metri di altezza, praticamente quasi in cima alla vetta. Nell’ultimo contatto radio l’aereo era stato autorizzato a scendere da livello 250 a 180.
- 19 ottobre 1990 un DC3 cargo della compagnia boliviana BAFIN (CP-735) decollato da Santa Ana e diretto a La Paz perde i contatti radio durante la fase di rotta. Le ricerche non portano ad alcun ritrovamento. Il corpo congelato, in pratica mummificato di Rafael Benjamin Pabon, il ventisettenne pilota dell’aereo, viene ritrovato a Novembre 2010 (venti anni dopo) sulla montagna Huayna Potosi ad una quota di 19.974 piedi (6088 metri) in una catena delle Ande che circonda La Paz. La fredda temperatura e l’aria secca avevano in pratica sostituito ciò che resine e oli svolgevano ai tempi delle mummificazioni egizie.
- Ma parlando di incidenti aerei l’evento che più di ogni altro ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale le Ande, è quanto avvenuto il 13 ottobre 1972 allorché un FH227 (T-571) con a bordo 45 persone si schiantò a 4200 metri di quota sulla cordigliera al confine fra Cile e Argentina durante un volo da Montevideo a Santiago del Cile. L’impatto sulla neve fece sì che 27 persone sopravvissero allo schianto. Per la precisione dei 45 a bordo, dodici perirono nell’impatto, sei morirono nelle ore successive a causa delle ferite riportate, e i superstiti – terminate le provviste- riuscirono a tenersi in vita con la sofferta decisione di nutrirsi dei corpi dei compagni di viaggio deceduti. I soccorsi arrivarono 72 giorni dopo il disastro, il 23 dicembre, e trovarono in vita sedici dei 27 superstiti iniziali. Il dramma è stato anche portato sullo schermo in due pellicole, “Survive!” (1976) e “Alive” (1993).
- Nell’anno 2000 una spedizione militare argentina scopre sui ghiacciai del monte Tupungato, che si trova a circa 80 kilometri a est di Santiago del Cile, i resti di un quadrimotore Avro 691 appartenenti alla compagnia britannica British South American Airways (G-AGWH). Il velivolo era partito il 2 agosto 1947 dallo scalo di Moron in Argentina diretto a Santiago nel Cile. Ciò che rimaneva dell’aereo si trovava a 4600 metri di altitudine anch’esso nella catena delle Ande. A bordo vi erano 6 passeggeri e 5 membri di equipaggio.
Su questo stesso argomento altri dettagli si possono trovare nella nostra Newsletter “Ande segrete, corpi congelati di piloti e relitti tornano alla luce dopo decenni” (5)
Antonio Bordoni
Fonte: air-accidents.com
(1) L’aereo era la matricola 42-68846 c/n 11773
(2) Vi sono versioni contrastanti sul punto di partenza e di arrivo di quel volo. Alcune fonti riportano aeroporto di partenza Tullin in Austria con destinazione Pisa. Altri da Monaco a Istres-Le Tubé.
(3) Keystone/Photopress, RDB, Forze aeree svizzere, Archivi federali.
(4) https://www.swissinfo.ch/ita/la-rega-in-azione_miracolo-sul-ghiacciaio-del-gauli/32601430 ; il servizio è datato 4 maggio 2012.
(5) La newsletter è la 42/2016 del 17 novembre 2016 NL 08/2021 ; 7 febbraio 2021